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Questa composizione di Francesco Nocerino (5B) è stata premiata con una delle due borse di studio intitolate a "Riccardo Rinaldi", sul tema “Dall’Abuso sui minori alla violenza sulle donne: combattiamo il silenzio” 

 

abuso donne minoriColoro che trattano in modo specifico il tema dell'abuso su minori e della violenza sulle donne raggruppano questi due fenomeni sotto il nome di “violenza di genere”, in altre parole si intende quell'insieme di azioni e comportamenti all'interno di una relazione che porta ad un danno fisico, psicologico ed esistenziale della persona.
Per prima cosa mi sembra importante riassumere alcuni passaggi legislativi fatti nel nostro paese per tutelare ognuno da questi episodi spiacevoli.
Il percorso italiano sul tema della violenza su donne e bambini inizia nel 1975 quando diviene legge un nuovo “Diritto di Famiglia”  che annullava l'art 144 (“Il marito è il capo della famiglia”) e anche la legittimità del marito di applicare mezzi di correzione e disciplina sui membri della famiglia. Inoltre nel 1981 veniva abolito il  cosiddetto “delitto d'onore” ovvero l'assassinio della moglie infedele, che comportava grandi vantaggi giuridici al marito, come ad esempio una pena ridotta e il “matrimonio riparatore” che consentiva a chi avesse stuprato una donna di rimanere impunito se fosse riuscito a contrattare un matrimonio con la propria vittima.

Per quanto riguarda l'abuso sui minori da ricordare è la Convenzione ONU di New York dei Diritti del Fanciullo del 1989 (a cui l'Italia aderì nel 1991) che sancisce che ogni paese si sarebbe impegnato a “proteggere i fanciulli da ogni forma di sfruttamento e violenza sessuale a salvaguardia del loro sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale”.
Solo nel 2009 sono state introdotte in Italia delle norme per difendere le vittime dello “stalking”, parola inglese che indica gli atteggiamenti persecutori che provocano stati di ansia e paura ad un altro individuo.
Come si può vedere il percorso italiano per la lotta alla violenza di genere non è stato molto veloce e ha incontrato molte difficoltà, tuttavia è venuta meno l'accettazione di molte violenze in nome di una visione maschilista dell'uomo nei confronti di donne e bambini.
Quindi si può dire che la violenza, essendo stata tollerata fino a non molto tempo fa, non sia una problematica
facile da eliminare completamente e che per farlo bisogna iniziare a costruire un futuro in cui le nuove generazioni siano educate solo al rispetto, all'amore e alla discussione pacifica, la quale porta sempre a risultati
sempre positivi e ad una crescita comune.
Non molto tempo fa il marito era proprietario di ogni membro della famiglia e quindi non ci si deve stupire se ora non si sia ancora raggiunta una completa scomparsa della violenza di genere. Spesso infatti i mariti violenti
credono ancora nei principi di proprietà della moglie e dei figli, che come ho detto prima erano presenti nella costituzione fino a non molti anni fa e ,quindi, si sentono legittimati all'azione violenta.
Secondo me coloro che commettono violenza di genere non sono persone “cattive” in senso lato ma semplicemente non hanno avuto la fortuna di ricevere una certa educazione che porta l'individuo a provare vergogna e ribrezzo per qualunque forma di violenza.  Infatti coloro che hanno subito violenza da bambini, o che hanno visto il padre violentare la madre, sono cresciuti con ideali sbagliati e spesso sono portati a ripetere l'errore. In realtà, secondo me, ci sono pochi casi in cui la persona sia violenta “per natura”, ma la violenza nasce dall'esser cresciuto nella violenza. Non parlo di una violenza prettamente fisica, ma anche dell'abbandono, della trascuratezza e dell'incuria. Ad ogni modo non si può di certo giustificare ogni caso con questo motivo, ma, indagando le cause che portano un uomo alla violenza si può cercare di prevenirla.
Fortunatamente come dice Rutter(1985) alcune persone che hanno vissuto nella violenza da giovani sviluppano la “Resilience”, una sorta di resistenza che alcuni individui hanno durante l'età evolutiva nei confronti di situazioni di stress rilevanti. Le persone dotate di “Resilience” riescono a crescere come ogni loro coetaneo e ad avere una vita felice come ogni altro.
Grazie all'impegno di molte persone possiamo vedere come siano nate tantissime iniziative e momenti di discussione per iniziare a prevenire l'evento violento e per imparare a sostenere al meglio coloro che sono  vittima di violenza.
Ultima giornata da ricordare è il 25 novembre, cioè la “Giornata per l'eliminazione della violenza sulle donne” che ha portato un'onda mediatica molto grande sull'argomento e che ha drammaticamente mostrato come le violenze sulle donne siano un fenomeno sempre più frequente. Un recente dato statistico dice che un terzo delle donne dai 16 ai 70 anni d'età subisce violenze domestiche regolarmente. Al 26 novembre di quest'anno sono già state uccise 115 donne da persone a loro familiari. Come può accadere questo fenomeno nel 2012?
Ogni giorno la violenza di genere è argomento di numerosissime trasmissioni televisive però la maggior parte dei programmi sono sempre concentrati su quale è stato il “fatto”; più esso è efferato e crudele più l'attenzione dell'ascoltatore viene catturata e l'interesse nella trasmissione cresce, ma non c'è alcun messaggio che viene mandato al pubblico.
Secondo me i giornalisti. i divulgatori e tutti coloro che hanno un ruolo di notevole importanza dovrebbero prendersi la responsabilità di sensibilizzare l'intera popolazione perché affidare questo compito solo alla scuola e alle famiglie mi sembra riduttivo. se si considera  il fatto che i personaggi famosi hanno una grande influenza sul pensiero delle persone che li seguono.
La figura della vittima della violenza deve quindi essere analizzata a fondo. Sfortunato protagonista di una
violenza diviene la vittima che è un termine che deriva o da “victus”, cioè “una creatura immolata in sacrificio agli dei”, oppure da “victa” che significa “legata.”  
La vittima delle violenza di genere non ha dietro alcuno stereotipo: potrebbe veramente essere chiunque.
Ci sono storie di violenza di mariti gelosi con la giovane moglie,  anziane signore  picchiate selvaggiamente da mariti o figli violenti oppure bambini maltrattati senza alcun motivo.
A maggior ragione l'intervento dello Stato deve essere il più esteso possibile e anche per questa ragione non c'è alcuna classe sociale, etnia, luogo, momento o età in cui si ritrovi più frequentemente questo fenomeno.
Il titolo del tema è combattere il silenzio.  Infatti il fenomeno della violenza di genere ha un numero non definito di casi occulti. Questo dato si può evincere dal fatto che moltissime donne o bambini che hanno denunciato uomini violenti hanno sofferto per molti anni prima di trovare la forza di combattere; la prima ragione è la paura di ritorsione. Come ho detto la ragione del silenzio delle vittime è causata proprio dal reato stesso; infatti essere vittima di violenza non vuol dire solamente subire una grandissima ingiustizia ma significa avere un danno di tipo esistenziale molto grande, che crea delle profonde ferite nel proprio “Io”.  In realtà se ci fosse un maggiore interesse da parte di tutta la società e se lo Stato potesse proteggere in modo concreto coloro che denunciano ci sarebbero molte più richieste d'aiuto e molte situazioni non finirebbero in modo tragico.
Ci sono invece casi in cui la vittima ha fatto il primo passo per far finire ogni molestia ma la legge italiana non è stata in grado di tutelarla correttamente.
Elemento comune che tutte le vittime accusano è la perdita di fiducia in se stessi. Ognuno di loro infatti ha speso molto in una relazione, ma tutti gli sforzi si sono inevitabilmente trasformati in violenza.
Per questo motivo il momento della denuncia arriva quasi sempre molto tardi.
Ogni storia di violenza inizia con una situazione relativamente felice, in cui niente di negativo può essere messo in conto o predetto in alcun modo.
Molti psicologi dicono che il primo sintomo della violenza nella relazione amorosa è la gelosia, una gelosia malata, che porta la vittima a separarsi dalle vecchie relazione e a ritrovarsi da sola.
Arrivati a questa situazione, che è già considerata violenza di genere poiché attacca già la psicologia
della persona, la fiducia della vittima è stata compromessa così profondamente che non sarà probabilmente capace di sporgere denuncia quando il peggio arriverà.
La richiesta d'aiuto della vittima viene fatta in modo diverso da caso a caso, ma non è quasi mai una forte rivendicazione. La mancanza in fiducia in se stessi porta infatti a indecisione. Inoltre nel caso di minori maltrattati essi non denunciano perché non sono creduti nemmeno in famiglia oppure perché assaliti dalla vergogna per quello che è successo. Ci sono anche tante storie di
famiglie che hanno preferito rinunciare alla giustizia perché incapaci di sopportare tutti i procedimenti che una denuncia porta. Si deve ricordare che la legge italiana può prendere provvedimenti a favore di una certa situazione solo quando il processo è finito completamente e quindi non si può escludere che l'aggressore compia violenza ancora. Inoltre, soprattutto nel caso dell'abuso sui minori, si sviluppa molto velocemente una grande attenzione dai mass media che può essere ancora più dannosa della violenza stessa e che la famiglia colpita da determinate disgrazie preferisce evitare.
Una grande parte delle vittime di violenza che denuncia il crimine non ha una piena consapevolezza di ciò che è successo e spesso risalire alla completa situazione risulta difficile. Spesso le frasi usate sono “è successo qualcosa che non doveva succedere” oppure una frase ancora più generica come “qualcosa è successo” proprio perché la vittima non ha ancora realizzato tutte le circostanze.
Anche per questo motivo coloro che hanno subito violenza di qualsiasi genere non riescono sempre a denunciare il fatto alle autorità oppure a confidarsi con i coetanei.
A volte però il contatto con l'aggressore è così forte che la vittima non riesce ad individuarlo come un pericolo, ma piuttosto come un punto di riferimento a cui aggrapparsi quando ormai tutto sembra vano.
Molti sono infatti i casi di bambini e donne violentate che non riuscivano a recidere quei legami forti che li univano e sono portate, dopo un periodo di separazione, ad un ricongiungimento.
Alcune vittime riescono a giustificare anche l'aggressore sentendosi in colpa per quello che è successo e credendo di essere state punite in modo giusto.
Le situazioni in cui la vittima si colpevolizza per la violenza subita sono quelli in cui c'è bisogno di un intervento drastico. Sono attive su tutto il nostro territorio le Comunità di Fuga, dormitori altamente controllati dove donne con figli possono intraprendere un percorso molto difficile e impegnativo. Il percorso inizia con un completo isolamento e finisce con il reinserimento nella società e sono molto importanti sia per la tutela della donna sia per la normale crescita dei figli. Le “Comunità di Fuga” possono essere considerate delle vere e proprie scuole dove si impara a vivere senza la violenza, cercando di estinguere ogni legame tra vittima e aggressore.
Ho trattato fino a questo punto del tema l'argomento delle violenze nel caso aggressore e vittima si conoscano o che comunque abbiano una relazione.
Esistono però moltissimi casi di violenze da parte di perfetti sconosciuti.
In questo caso l'unica cosa che mi sento di dire è che la loro coscienza e i loro valori non si sono formati adeguatamente e che non ci dovrebbe essere alcuna tolleranza per questo tipo di reati, anche per quelli di lieve entità, che si volevano depenalizzare con un
emendamento fortunatamente mai promulgato.
Gli episodi più raccapriccianti sono quelli che vengono eseguiti dal “branco” cioè da gruppi di ragazzini spinti da una completa assenza di umanità che compiono atti violenti contro anziane signore oppure coetanee senza alcun controllo.
Questi episodi sono quelli che devono farci riflettere maggiormente perché se a quindici-anni alcuni ragazzi sono capaci di violentare compagne di classe vuol dire che l'impegno che si sta spendendo nella loro educazione non è sufficiente e quindi dovremmo mobilitarci per fare qualcosa anche nel nostro piccolo.
Bisogna partire dalle nostre famiglie dove si deve insegnare ai propri figli i giusti valori prima dell'inizio della scuola dell'obbligo.
Allo stesso modo lo Stato deve impegnarsi inserendo nei programmi scolastici non solo materie nozionistiche, ma anche un percorso di formazione personale mirato alla crescita civile dell'individuo.
Personalmente ho imparato molte cose sulle relazioni tra persone nella mia Chiesa, ma in una società multietnica come la nostra non può mancare un percorso che comprenda veramente tutti gli individui.
Infine coloro che sono sopravvissuti ad episodi di violenza hanno il dovere di testimoniare ad alta voce   la loro esperienza e dare fiducia e forza a coloro che sono ancora vittime e per dimostrare che non ha alcun senso continuare a vivere in una situazione del genere e che una nuova vita può ricominciare.